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"Il Figlio Del Diavolo"
di Georgette Heyer


copertina
traduzione di A.L.Zazo
© 1972 - Mondadori
© 2005 - Sperling & Kupfer

Modesta, virtuosa, ignara di schermaglie amorose, capelli castani e occhi grigi secondo le migliori regole della sobrietà borghese, Mary Challoner, per salvare l'onore della sorella (ma dobbiamo davvero crederle?), si vede costretta a fuggire in Francia con il più notorio, più ricco, più bello, più brutale libertino della Londra fine settecento: Dominic Alastair, marchese di Vidal e futuro duca di Avon, terrore e speranza di tutte le ragazze da marito. Quale possa essere la sorte della fanciulla, armata soltanto della sua virtù - e, a essere sinceri, di una pistola - sola di fronte a un così fosco personaggio, è cosa alla quale si preferirebbe non pensare.

Ma il lettore moderi i suoi fremiti di giusto sdegno: come il marchese di Sade forse ignorava, ma come ogni libertino che si rispetti ben sa, le fanciulle virtuose e inermi, le adorabili puritane dalla mente lucida e dal cuore appassionato rivelano insospettate risorse, E nel gioco sottilmente crudele che si stabilisce tra i due, il gioco del gatto con il topo, non è detto che la parte del topo non tocchi al fosco libertino.

Beffarda e tenera, distaccata e partecipe, Georgette Heyer vince qui nuovamente la sua partita, una partita giocata con perfetto equilibrio su due piani: il gusto puro e semplice della narrazione, la gioia di lasciarsi prendere al laccio dai propri personaggi (e non c'è modo migliore per divertire e appassionare gli altri che aver divertito e appassionato se stessi); e il più sottile gioco degli specchi. Una nota appena sopra il rigo, ed ecco i personaggi, senza nulla perdere della loro prodigiosa vitalità, tramutarsi nel riflesso di se stessi e del mondo letterario in cui l'autrice li colloca, un riflesso che è a un tempo satira sottile e affettuoso omaggio.

Sullo sfondo di una Londra corrotta ed elegante, di una Parigi che la Rivoluzione sembra non aver sfiorato, l'autrice guida il lettore in un'indiavolata commedia degli equivoci; in un giocoso disfarsi e intrecciarsi di coppie; in un coloritissimo balletto in cui la tenerezza è temperata dall'ironia e il senso romantico dell'avventura da un'incantevole negazione di se stesso. Sottile e elegantissima femminista, Georgette Heyer si diverte a rovesciare le posizioni tradizionali (sono mal esistite in realtà posizioni tradizionali?) trasformando il persecutore in vittima e portando la quieta e ironica intelligenza femminile, in una partita senza esclusione di colpi, a dare scacco al re, un re troppo consenziente per essere davvero sconfitto, per non uscirne con l'onore delle armi e la certezza di essere a sua volta, seppure vinto, vincitore. La Grecia vinta vinse il suo feroce vincitore; o, più semplicemente, le donne ne sanno una più del diavolo: figurarsi dunque del Figlio del Diavolo.

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La recensione di Alice Dileo:


Ricordo molto bene una volta una lettrice che affermò di non voler mai leggere i seguiti dei grandi bestseller, perché erano una delusione totale e mai all'altezza del precedente. E, salve rarissime eccezioni, la regola vale.

Ma questa è, fortunatamente, una delle rarissime eccezioni. Forse perché l'autrice, Mrs. Heyer, è la più grande scrittrice, insieme a Dama Barbara Cartland, di Romance ambientati per la maggior parte nel periodo della Reggenza inglese.

'Il figlio del Diavolo' è il seguito diretto de 'La Pedina Scambiata'. Un bel peso da portarsi dietro, non credete? Voglio dire, la storia di Avon e Léonie è ormai leggenda fra le lettrici del Romance, quasi come VCV (Via Col Vento). E se ora Mrs. Heyer decidesse di farci sognare con il figlio del Duca, cosa pensate che succederà?

In realtà la domanda dovrebbe essere leggermente diversa. Cosa succede quando un giovane 'nobiluomo' è costretto a lasciare il paese in seguito ad un duello di troppo, e, volendosi portare dietro compagnia, rapisce per errore la sorella sbagliata? Appunto. Tante, tante risate e puro divertimento. E un'altra meravigliosa storia d'amore.

Dominic Alastair, marchese di Vidal, accusato di barare una sera in cui la fortuna è fin troppo dalla sua parte, viene costretto dal padre a lasciare il paese per trascorrere un po' di tempo in Francia. Già in questa scena al lettore viene ricordata la storia d'amore tra Monseigneur e la pétite, dato che Avon allontana Dominic non perché abbia commesso un reato, bensì perché continuava a "far preoccupare sua madre. E questo per Justin era assolutamente intollerabile".

Così il 'Cucciolo del Diavolo' si organizza per partire. E, conscio del fatto che il suo flirt corrente, Sophia Challoner, l'avrebbe seguito fino alla fine del mondo (convinta di estorcergli un anello di matrimonio) le propone la fuga con lui. Ma quando lui le scrive per lettera l'ora dell'incontro, la lettera arriva per caso nelle mani della sorella maggiore, Mary; lei, più conscia della realtà e della reputazione di Vidal, escogita un modo per fargli passare l'idea di perseguire Sophia facendosi passare per lei e scandalizzandolo.

Arrivati al porto, però, Vidal scopre l'imbroglio e, in un momento di rabbia, la costringe a salpare lo stesso con lui per la Francia. Sulla strada per Parigi Mary racconta finalmente la realtà a Dominic, il quale realizza che la sua reputazione è ormai compromessa e non le resta che sposarlo. Ora, dato che lui è abbastanza affascinante, noi lettrici cosa ci aspettiamo? Il lieto fine, vero? Ah! Ma Mrs. Heyer sa come tenere il lettore incollato alle pagine, e così il libro va avanti.

Tornando indietro in Inghilterra, nel frattempo la madre e la sorella di Mary, scoperta la fuga, cercano di costringere Léonie ad accettare il fatto compiuto e benedire il matrimonio; Léonie, conosciuta Sophia, si rifiuta di avere a che fare con una simile entremetteuse, e parte alla volta di Parigi insieme a Rupert alle spalle di Avon per cercare di sistemare le cose senza che lui lo venga a sapere.

Nel frattempo un'altra coppia si contende la scena, ovvero la storia tra la cugina di Dominic, Juliana Marling, figlia di Fanny e Edward, e il gentiluomo Frederick Comyn.

I personaggi sono delineati nel migliore stile di Georgette Heyer. Vividi, spontanei, mai forzati o falsi, non potrete fare a meno di amarli. Da Vidal, impetuoso e arrogante, ma mai meno che onesto, a Mary, sincera e tranquilla, una vera femminista nel senso meno chiassoso del termine, a Juliana, che cerca di conquistare il suo amore facendo leva sulla gelosia.

La vera storia d'amore tra i due protagonisti non è così marcata come nella Pedina, ma ci sono delle battute da cui si capisce che l'attrazione, non fisica, ma quella più forte dell'anima, è molto forte. Queste sono davvero anime gemelle, yin e yang, l'una il contrappeso dell'altra.

La scena del duello a Digione ne è un esempio palese. Mary ha appena fermato il duello tra Frederick e Dominic, e ne è stata ferita leggermente. Dopo che Vidal l'ha bendata, pronuncia la seguente frase: "Potete averla sposata, ma è mia, lo capite? E' sempre stata mia! ...può essere venti volte vostra moglie, ma, maledizione, non l'avrete mai!". Sic. Se solo anch'io avessi un uomo che dicesse una frase simile...

Infine, l'infinito humor classicamente inglese che permea il libro. E' unico, e irripetibile. E per questo non solo la storia tra i due personaggi ne guadagna, ma anche i comprimari. Fra tutte, le scene tra Rupert e Léonie, che inseguono per tutta la Francia le due coppie vagabonde sono già storia.

In conclusione, un libro che non solo è il seguito riuscitissimo di un classico: un classico lui stesso, in grado di stare alla pari con qualsiasi altro bestseller. Un consiglio: trovatelo, compratelo, arrivate a casa e leggetevi prima le avventure di Léonie e Avon. Dopo, prendetevi un pomeriggio libero, accoccolatevi sul divano, staccate il telefono e preparatevi un po' di cioccolatini o che altro da sgranocchiare. E iniziate a ridere con gusto.

Un appunto: aspettatevi anche allusioni varie, nel libro. Dopotutto è stato concepito come più aperto della Pedina, per contrastarne la rigidità, e alcune cose, come il rapimento, sono viste con un occhio più 'benevolo'. Ma scordatevi la volgarità. Georgette Heyer non ne ha bisogno, per fare contrasti.

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