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"L'Erede dei Tarrington"
di Sylvia Thorpe


copertina
traduzione di Lidia Zazo
© 1977 - Mondadori

Al suo arrivo al villaggio di Tarrington due inattese realtà sorprendono la signorina Frayne, che porta l'inconsueto e shakespeariano nome di Perdita e si reca al castello come istitutrice dei due nipoti di Lady Tarrington: la natura primitiva e arcana della campagna gallese e il colore degli occhi di Jason Hawkesworth.

Per tacere delle sue parole. Poiché Jason Hawkesworth, dagli occhi singolarmente dorati, loda l'ardire della giovane donna che osa entrare alle dipendenze della "strega di Tarrington".

Singolare benvenuto. Di cui la vista della signora di Tarrington (quali che siano i motivi di Jason Hawkesworth, nulla ci indurrà a usare un appellativo tanto sconveniente nei confronti dell'anziana gentildonna) ben poco contribuisce a dissipare il ricordo.

E assai singolare è che occhi tanto simili agli occhi di Jason guardino la bella Perdita Frayne dal viso di sir Stephen, giovanissimo erede del titolo e delle proprietà dei Tarrington, e dai ritratti dei suoi antenati.

Non meno singolare, che la sola menzione del nome di Jason susciti nell'anziana gentildonna una furia quasi disumana.

Che Hawkesworth sia la pecora nera del villaggio e si conduca spesso in modo assai reprensibile (ah, la bella e frivola Alicia Delamere...i) neppure la virtuosa signorina Frayne tarda a comprendere.

Ma può questo soltanto essere causa dell'odio che sfigura il viso di Lady Tarrington? E perché mai l'anziana signora accoglie Edward Eastly, precettore di sir Stephen, come un membro della famiglia? Che dire poi del servo indiano di Jason, che appare come per magia nei luoghi e nei momenti più inopportuni? O del solitario pescatore presente anch'egli in singolari circostanze? O della-vecchia balia incline a esprimersi con sibillina ambiguità?

Perdita Frayne, quanto a lei, preferirebbe non dirne nulla. Non soltanto il ricordo degli occhi dorati di Jason Hawkesworth occupa gran parte dei suoi pensieri, ma la giovane donna non tarda a comprendere che la singolarità, nel villaggio di Tarrington, è consuetudine.

Non meno che in Danimarca, vi è qualcosa di corrotto a Tarrington. E ben presto le numerose singolarità del villaggio e dei suoi abitanti si cristallizzano in eventi assai più che singolari, e la storia prende un ritmo da autentico suspense.

In un incalzante susseguirsi di enigmi e di pericoli che stringono sempre più da presso la giovane donna, in un romantico alternarsi di timori e speranze, di sgomento e felici attese, Perdita Frayne si chiederà più di una volta se non sarebbe stato per lei più saggio accettare l'avara ospitalità della cugina Hannah.

Ma quando ogni enigma cesserà di essere tale, quando una definitiva parola verrà pronunciata sull'erede di Tarrington, prima che si spenga l'autunno di quel 1812, Perdita saprà senza ombra di dubbio che il giorno in cui la carrozza l'ha condotta all'inospitale castello di Tarrington è stato per lei, a ben guardare, uno dei più propizi della sua esistenza.

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